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Pizza, patrimonio italiano nel mondo

La pizza: un nome di origine araba per un’invenzione tutta napoletana. Tanto che il 7 dicembre 2017 l’Unesco l’ha proclamata o meglio l’arte dei pizzaioli napoletani, Patrimonio mondiale dell’Umanità. È noto a tutti come questo alimento rappresenti l’Italia in tutto il mondo: ogni giorno solo nel nostro Paese si sfornano circa cinque milioni di pizze, mentre sono cinque i miliardi quelle vendute in tutto il pianeta (fonte: Cna).


Ma qual è la sua origine? Nasce ufficialmente nel 1889, quando il cuoco napoletano Raffaele Esposito fu convocato dalla regina Margherita per preparare le sue famose pizze. Il pizzaiolo inventò allora una pizza in suo onore con pomodoro, mozzarella e basilico, che rappresentavano i colori della bandiera italiana. Il riconoscimento Unesco è stato importante anche per difenderla da un tentativo di furto da parte degli Stati Uniti, dopo l’annuncio di questi ultimi di voler candidare la pizza american style (come quelle all’ananas e hawaiana). Tuttavia gli statunitensi risultano i maggiori consumatori di pizza superando gli italiani (maggiori consumatori in Europa) e ciò che non tutti sanno è che la pizza che conosciamo oggi è nata proprio in America dagli italo-americani. «É vero che la pizza è nata a Napoli, ma fino alle migrazioni italiane negli Stati Uniti si conosceva solo una pizza bianca ricca di aglio e olio», spiega il docente di storia dell’alimentazione Alberto Grandi.


A livello gastronomico per oltre la metà degli italiani (58,5%) la pizza si conferma la regina dell'informalità e della convivialità, seguita dai piatti della tradizione italiana (40,1%) e dallo street food (36,1%, con un picco tra i più giovani). Meno citati invece i cibi salutari (27,9%), gli snack (27%) e le cucine etniche (14,5%, che salgono al 20,2% tra le donne under 35). È la fotografia che emerge dall'indagine condotta da AstraRicerche per Birra Moretti.



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Proprio nel cuore del Padiglione Italia all'Expo 2025 di Osaka, la Regione Campania ha celebrato la pizza napoletana come simbolo di identità culturale e motore d'innovazione. La Campania si è raccontata attraverso uno dei suoi simboli più potenti: la pizza napoletana, ambasciatrice autentica di un territorio in cui gusto, tradizione e innovazione si intrecciano. «Siamo orgogliosi di aver portato all'Expo un simbolo così potente del nostro patrimonio, dove arte, scienza e identità si intrecciano in un racconto universale capace di emozionare ogni generazione», dichiara Nicola Caputo, assessore all'Agricoltura della Regione Campania. «In questi anni ho voluto fortemente investire nella valorizzazione internazionale della filiera della pizza, accompagnando le nostre imprese in un percorso strutturato e coerente di promozione e apertura ai diversi mercati, tanto che il prossimo dicembre arriveremo anche a New Delhi – sottolinea l’assessore -. Parliamo di una filiera straordinaria, che parte da prodotti simbolo come il pomodoro San Marzano Dop, il pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop, la mozzarella di bufala campana Dop e il fiordilatte campano, a cui si affiancano l'olio extravergine di oliva Igp Campania e le cinque Dop dell'olio campano insieme a tanti altri prodotti certificati che rendono la nostra pizza un concentrato di identità e qualità riconosciuta».

 

Una filiera, però, che ha bisogno di personale qualificato. Nel 2025, secondo Confcommercio i settori del commercio, della ristorazione e dell’alloggio non riusciranno a trovare 258mila lavoratori. Un dato in crescita rispetto al 2024 (+4%) che rappresenta una vera e propria emergenza perché rischia di frenare la crescita economica dei settori considerati e del prodotto lordo dell’intero sistema economico italiano. Tra le figure professionali più difficili da reperire si sono anche i pizzaioli.

 

 
 
 

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