AGROALIMENTARE IN CILENTO. UN GRANDE POTENZIALE CHE CHIEDE SOLO DI ESSERE VALORIZZATO
- Valentina Tafuri - https://www.linkedin.com/in/va
- 28 mar
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 7 apr
Terra di miti e di sirene, il Cilento è anche un luogo molto più concreto, dove l’eccellenza del Made in Italy si manifesta in maniera tangibile in tanti prodotti del settore agroalimentare, molti dei quali conservano ancora un carattere artigianale che gli conferisce pregio ed unicità.
Il tessuto imprenditoriale ed economico del settore agroalimentare del Cilento è caratterizzato principalmente da aziende familiari di dimensioni medio-piccole, con qualche eccezione.
Pur non avendo a disposizione dati specifici sul territorio cilentano, possiamo presumere che anche quest’area segua, in proporzione, il trend del territorio della provincia di Salerno che, nel 2024, ha registrato un andamento in flessione, rispetto all’anno precedente, del settore agricolo e delle attività manifatturiere. Lo stesso trend ha riguardato anche il commercio mentre risultano in crescita le attività ricettive e di ristorazione, quelle artistiche e di intrattenimento ed altre tipologie di servizi (fonte: Ufficio Studi, Supporto Strategico e Programmazione - Ufficio Statistica e Prezzi della CCIAA di Salerno).
Il settore eno-gastronomico rappresenta, ad ogni modo, un fattore di notevole peso sull’economia cilentana. Il 22% dei turisti sceglie il Cilento per l’offerta enogastronomica (dati Unioncamere 2023).
L’industria alimentare è quella più diffusa sul territorio della provincia di Salerno ed il vasto Cilento è ricco di colture agricole, allevamenti e risorse naturali che forniscono materia prima per numerose imprese di trasformazione e di produzione di prodotti tipici, da quelli della panificazione, alla pasticceria, all’orto-frutta, al settore caseario, a quello vinicolo, all’oleario.
Una ricchezza, questa, da valorizzare innanzitutto localmente.
Siamo nella Comunità Emblematica della Dieta Mediterranea, patrimonio UNESCO dell’Umanità e l’intera comunità deve riscoprire e valorizzare i caratteri fondamentali del proprio Sistema Alimentare Tipico.
La conoscenza del valore di un prodotto, già presso i suoi consumatori più prossimi, i cittadini dell’area geografica di cui parliamo, è il primo passo per poterlo proporre anche a terzi.
E’ solo attraverso una presa di coscienza delle sue potenzialità e della sua qualità che si può promuovere un prodotto anche agli altri, con indubbio ritorno economico.
La Campania occupa il nono posto tra le regioni italiane per numero di prodotti DOP IGP, per un valore di 820milioni di euro nel 2024, che significa una crescita del 4% sul 2023.
In questo contesto, la Mozzarella di Bufala Campana DOP figura in quarta posizione tra i primi 15 prodotti DOP ed IGP per valore della produzione, pari a 528milioni di euro nel 2023 (+5,1% sul 2022), ed un valore in export di 213milioni di euro. Sebbene il dato del Rapporto Ismea 2024 non si riferisca, ovviamente, solo alla produzione della Piana del Sele e del Cilento, è chiaro che anche i caseifici della zona concorrono in maniera importante a generare questi volumi.
L’assenza dell’olio campano, in generale, dalle rilevazioni del Rapporto, fanno riflettere sulle aree di intervento che, a livello sistemico, sarebbero necessarie per spingere un prodotto ottimo, la cui produzione è però molto frammentata tra tante aziende medio-piccole, specie in area cilentana.
Terra di vini apprezzati e rinomati, si potrebbe fare di più anche per lo sviluppo del mercato vinicolo locale. Se infatti l’impatto economico della cosiddetta DOP economy pone la Campania al terzo posto della classifica stilata dall’indagine Ismea-Qualivita 2024 per la categoria cibo, è però solo tredicesima nella categoria vino e restringendo il campo alla provincia di Salerno, questa è quindicesima per l’impatto economico del cibo etichettato come DOP, con 193milioni di euro nel 2023 ma è completamente assente nell’elenco delle 20 provincie per le quali il vino ha un impatto economico rilevante.
Questo è vero anche per le produzioni che avvengono in Cilento, dove vengono prodotti vini egregi che, in ottica di sostenibilità economico-finanziaria e di sviluppo, andrebbero ulteriormente valorizzati.
I dati appena riassunti vogliono dunque essere uno spunto di riflessione sull’importanza per l’economia locale di fare sistema per lo sviluppo di un prodotto o di una filiera, sia per servire il mercato interno fatto di piccola e grande distribuzione, di ristorazione e di strutture ricettive (pensiamo ai tanti agriturismi che diversificano la propria attività anche rivendendo prodotti tipici), sia per trovare sbocco nell’export.
Il turismo eno-gastronomico può essere, e in molti casi già è, un attivatore di opportunità per le aziende locali che, attraverso il word-of-mouth, il vecchio “passaparola”, possono far conoscere i propri prodotti a comunità inizialmente ristrette (la famiglia, il gruppo di amici, il gruppo di pari), che si ampliano via via fino a creare una domanda che può trasformarsi in sviluppo commerciale verso l’estero.
Certo, non è tutto così semplice ed automatico e anche l’esportazione richiede che l’azienda sia organizzata e strutturata per rendere il prodotto conforme al paese in cui sarà venduto ma la digitalizzazione, le opportunità di formazione e consulenza messe a disposizione da Enti ed Istituzioni locali possono certamente supportare questo processo di crescita.
Le nuove generazioni, grazie all’uso più estensivo delle tecnologie digitali e ad un rinnovato spirito imprenditoriale che si manifesta nella nascita di numerose start up, stanno vivacizzando anche il territorio cilentano, dove non mancano gli esempi di aziende agricole 4.0, di iniziative imprenditoriali ispirate al concetto di sostenibilità, sia sociale che ambientale.
Lo sviluppo di queste realtà richiede il giusto approccio, impegno ed anche il sostegno di una corretta strategia di comunicazione e marketing affinchè possano beneficiare del valore aggiunto, intangibile, derivante dall’essere annoverate tra le eccellenze del Made in Italy.
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